martedì 31 gennaio 2012

31 gennaio 2012

Stamattina ho superato me stessa...
Ora di inizio lavoro: 8.45
Ora di arrivo in ufficio: 07.45... parliamone! la mia proverbiale insonnia, quantomeno negli ultimi giorni, vene relativamente tenuta a bada (prima mi alzavo alle 3.00 di notte, ed è una cosa che odio), ora invece tiro almeno le 6.00, il che mi permette di fare una parte dei lavori di casa (stendere, rimettere in ordine e via così).
Va bè, sono arrivata presto in ufficio ma almeno ne approfitto e vengo via una mezz'ora prima, che se comincia a nevicare veramente almeno mi risparmio mezz'ora di terrore.
Io odio la neve. O meglio, odio l'accoppiata 4 ruote-neve. Già non sono una brava autista con il tempo perfetto, se poi ci mettiamo anche gli agenti atmosferici siamo a cavallo! Comunque stiamo a vedere, non si sa mai...

Parlando di cose serie, sono preoccupata per domani. Sarà il 3° Day Hospital di controllo che faccio al San Paolo, dove faccio appunto parte dell'Ambulatorio DCA.
Il primo non era andato molto bene, e non è una esperienza che si dimentica molto facilmente.
Ero arrivata bella come un piumino da cipria, con la convinzione che per mezzogiorno - l'una sarei stata fuori. Invece....
Innanzitutto l'arrivo. Arrivo da sola, mio marito lavorava. Quattro passi avanti a me vedo una ragazza, magrissima, con la mamma. Neanche a farlo apposta, faceva anche lei il DH.
Avevo un nodo in gola, mi sentivo sola e spersa come non mai. Perché lei aveva lì con sè la mamma, ed io no?
Ad ogni modo cominciamo. Pesata, prelievo, ECG (un freddo becco!) e quindi colazione. La visita precedente avevo mancato di fare l'accettazione, quindi ho passato un paio d'ore a fare la coda per il ticket (per me che lavoro in un ospedale, due ore di coda e di disordine estremo sono state da pazzi).
Torno in reparto e l'infermiera, la stessa di prima, mi accoglie con due simpatiche pastiglie di potassio.
Mi dice di sedermi, e di aspettare lì. Mi accomodo, ed intanto in reparto è ora di pranzo.
Arrivano i vassoi, e mi dicono "Daniela, mangi con noi?"
Assolutamente no. Mangiare? In un posto che non conosco? Con un disturbo dell'alimentazione?
Scherziamo??
Finalmente mi chiamano in ambulatorio.
Entro e ci sono almeno 6 medici. In camice bianco. Pareva di essere all'esame di maturità, solo più spaventoso. Lì almeno contava il mio cervello, qui invece a fare la parte del leone è il mio corpo. Che stavolta mi ha dato buca.
"Signora... con un potassio come questo, non possiamo mandarla a casa. Dobbiamo ricoverarla."
Per chi non lo sapesse, il potassio è una delle bestie nere dei DCA. Lo elimini come niente con il vomito, e come valore deve stare fra i 3,5 e i 5. Il mio era a 2,3. Non hai sintomi, al massimo qualche palpitazione (che io pensavo fosse dovuta all'ansia che mi accompagna ogni giorno). Il problema è che, essendo così basso, il cuore si può fermare. Cadi a terra come un sacco di patate. Oops. Come si torna indietro?
Buio. E' stata come una silenziosa esplosione nelle orecchie, un boato assurdo che nessuno ha avvertito.
Come faccio? Dove scappo? POSSO SCAPPARE?
La risposta è no.
Comincio a piangere. Lacrime che non sapevo trattenere, gocce che rotolavano fuori senza controllo...
Chiamo mio marito.
"Guarda che mi ricoverano" gli dico con un filo di voce "Mi dovresti preparare la borsa..."
Povero amore mio, che moglie di merda ti sei trovato. Forse era meglio se sposavi un altra, non avresti passato tutto questo inferno. Non te lo meriti. Saresti stato più felice, con una casa pulita, una moglie affettuosa, più soldi e meno urla e lacrime. Mi dispiace.

Chiamo in ufficio. "Ragazzi, ve la dovete cavare senza di me. Mi tengono qui qualche giorno."

Mi portano in reparto, divido la stanza con una vecchina, cara, che non parla e non si muove. Ha un coniglietto di pezza fra le braccia.
Una bambina nel corpo di una anziana.

Ritorna il vassoio con il pranzo. Prendo l'acqua ed il pane, il resto rimane lì. Come posso mangiare?
COME SI FA A MANGIARE?

Il vassoio se ne va, mentre l'inserviente scuote la testa. Non capiscono. E' ora di pranzo, perché non mangiare?

Arriva mio marito, accompagnato da mio suocero. Assieme a me, la dottoressa che mi aveva appena illustrato rischi e problemi. Mi dice: "Posso parlarne davanti a loro?"
No. Non può. Mio marito sa, e qualcosa capisce. Mio suocero non sa. Loro sono convinti che io sia magicamente magra, nonostante mangi come un bue muschiato.

Mio suocero saluta e va, mio marito rimane. Non rimane molto, lo mando via. Vai, vai a casa, è inutile che stai qui. Sei stanco, hai da fare, Kyle è a casa è ha bisogno di andare a sporcare (Kyle è il nostro cane labrador). Non potresti essermi d'aiuto. Mi hai portato i miei libri, posso cavarmela.

Flebo. Pastiglie. Letto scomodo.

La sera mi chiama, tutto ok? Sì, insomma, sono qui. Ok no, niente è ok. Ma va così, che ci posso fare?
Chiamo mio fratello. Gli spiego. "Dillo alla mamma" No. Lo sanno i tuoi suoceri e la mamma no?? Non è giusto.
Lo so che non è giusto, ma diventerebbe un inferno più grande di quello che già è.
Lo farò più avanti, prometto.

Notte. Avevano promesso di darmi qualcosa per dormire, perché so già che non tirerò fino al mattino. Non mi accorgo, scema io, che non mi danno nulla.
Come volevasi dimostrare, mi sveglio alle 3.00 di notte. In ospedale. Ricomincio a piangere. Vorrei urlare, fino a crepare i muri, ma non posso, non qui.
Vestaglia, trespolino della flebo, pantofole. Facciamo un giro per il corridoio.
Due infermieri in corridoio, gentilissimi e giovani. Siamo coetanei. Siamo simili. Ma io sono dentro, e loro fuori.
"Signora, che ci fa in piedi?" - "Non dormo. Posso andare a fumare?" Sorride. "Va bene... ma io non ho visto niente!"
Me ne ricorderò. Sei stato gentile con me.
Balconcino, notte. Sigaretta. Che cazzo ci faccio qui? Cerco di ripercorrere i passi che mi hanno portato qui. Dove è stata la deviazione? Mi ci hanno spinto, od ho imboccato io la strada sbagliata?
Torno a letto. Piango. E mi addormento.

Sveglia. Dai, oggi si esce. Ed invece no, mi tocca un altra giornata ed un altra notte lì. Finisco il mio libro, il volontario che passa di lì a fare compagnia ai degenti è stupito: "Io ci metterei una vita, a leggerlo!"
Io no.
Colloquio con la dietista.
Cosa mangia a colazione? Caffè e latte.
A metà mattina? Niente
Pranzo? Una banana, per il potassio. E' il mio assurdo modo di provarci, come usare un tappo di sughero per tappare la falla del Titanic.
Merenda? Niente.
Cena? Comincio a mangiare appena arrivo a casa da lavoro. Tutto quello che trovo. E non smetto fino a dopo cena.
Rimette tutto? Sì, certo.
Un po' di tira e molla, ed arriviamo ad un accordo.
La cena per ora rimane una incognita, cerchiamo di fare colazione, pranzo e due spuntini.
Proviamo.
Stila il menu dei prossimi giorni. Praticamente 3/4 delle cose che mi propone mi sembra provengano da altri pianeti, visto che poi non li posso smaltire.
Arriva pomeriggio, mio marito fa i salti mortali per stare lì con me almeno mezz'ora. Mi dispiace per te, non ti merito.
Sera. Per favore, stanotte ero in piedi alle 3. Datemi qualcosa per crollare, vi scongiuro, non ce la faccio a fare un altra notte così. Sto impazzendo.
Mi danno due pastiglie. Dormo. Meglio così.

Arriva il mattino, oggi sono sicura di uscire, devo solo aspettare le dimissioni. Verso mezzogiorno arriva a prendermi mio suocero, aspetta con me.
"Ma cosa è successo?" - "Non ho voglia di parlarne, mi scusi"
"Ma lo sai perché è basso il potassio?" - "Sì, lo so, e so ache cosa fare. Ma non voglio spiegare"
"Ok"
Con lui è più facile rispondere così, non ci sono conseguenze.
Mi riporta a casa.
E' finita, per questa volta.

Il DH successivo è andato meglio, il potassio era su e sono potuta tornare a casa.

Domani ci riproviamo. Ma, almeno, domani non sarò da sola. Mi accompagna mio marito. Ti amo, Manu.

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